I benefici della rivalutazione dei beni immateriali in bilancio: valorizzazione dei marchi di impresa
Giovedì 10 giugno alle ore 11:30 si terrà un webinar organizzato in collaborazione con METI Value Advisory STP, specializzata nella valutazione d’azienda e di marchi e brevetti, e con Trevisan & Cuonzo, studio legale e di consulenza tra i più riconosciuti nel settore della Proprietà Industriale e Intellettuale.
I bilanci al 31.12.2020 dovranno essere approvati entro giugno/luglio 2021. Molte imprese non hanno valorizzato adeguatamente i propri intangibili in bilancio e la rivalutazione può dare benefici notevoli per riequilibrare eventuali diminuzioni del patrimonio netto in conseguenza di perdite. Inoltre, scegliendo la rivalutazione con effetti anche fiscali, tramite pagamento di un’imposta sostitutiva contenuta (aliquota del 3% sul valore del bene rivalutato) ci si può garantire un consistente risparmio fiscale.
Durante il seminario online in oggetto affronteremo dunque la tematica della rivalutazione dei beni di impresa nei bilanci, con focus sull’IP e in particolare su marchi di impresa. Di seguito la scaletta:
- Cenni alla disciplina della rivalutazione dei beni d’Impresa
- Effetti positivi in bilancio e potenziale risparmio fiscale
- Identificazione, tutela e valorizzazione degli asset immateriali
- Criteri di valutazione degli intangibles: quanto vale il mio marchio?
Tutela del patrimonio
COACERVO NON OPERANTE PER LE DONAZIONI
L’istituto del coacervo, abrogato per l’imposta sulle successioni, opera ancora per l’imposta sulle donazioni. Tuttavia esso, secondo la Corte di Cassazione (pronuncia n. 727 del 19 gennaio 2021), non porta a conteggiare anche le donazioni precedenti che risultino “fiscalmente irrilevanti”, in quanto operate nel periodo di soppressione dell’imposta o in quanto esenti.
L’imposta sulle successioni e donazioni, introdotta dall’art. 2 comma 47 del DL 262/2006, configura una “nuova” imposta, che richiama, per la sua disciplina, la precedente normativa recata dal DLgs. 346/90.
In questo contesto, la disciplina del coacervo delle donazioni precedenti, di cui all’art. 57 del DLgs. 346/90 non è implicitamente abrogata e resta applicabile, in quanto compatibile con la “nuova” disciplina dell’imposta sulle donazioni, in relazione all’applicazione delle franchigie di imposta.
A nulla rileva invece che il coacervo delle donazioni precedenti di cui all’art. 8 del DLgs. 346/90, relativo all’imposta sulle successioni, debba considerarsi implicitamente abrogato, in quanto incompatibile con il nuovo sistema di aliquote proporzionali e non più progressive. Infatti, dal punto di vista letterale, l’art. 8 e l’art. 57 del DLgs. 346/90 sono diversi, in quanto solo l’art. 8 contiene l’inequivocabile riferimento all’utilizzo del coacervo “ai soli fini della determinazione delle aliquote applicabili”.
Appurato che l’istituto del coacervo, di cui all’art. 57 del DLgs. 346/90, resta applicabile nell’ambito dell’imposta sulle donazioni, la Corte però afferma che nel coacervo non possano essere conteggiate le precedenti donazioni “fiscalmente irrilevanti”.
Si ricorda che il coacervo consiste nel sommare, alla donazione da tassare, il valore complessivo di tutte le precedenti donazioni ricevute dallo stesso donatario da parte del medesimo donante.
In questo computo, secondo la Corte di Cassazione non possono, però, essere incluse tutte le donazioni, bensì solo quelle fiscalmente rilevanti. Infatti, l’inclusione nel coacervo delle donazioni pregresse fiscalmente irrilevanti comporterebbe una applicazione distorta dell’imposta, in quanto comporterebbe il “recupero a tassazione, a posteriori, di un atto che il legislatore fiscale aveva già dimostrato di ritenere indifferente e che il contribuente aveva deliberato percependolo proprio come tale”.
Per quanto concerne, poi, le donazioni operate nel periodo in cui l’imposta sulle donazioni era soppressa (2001 – 2006), si deve considerare che esse non possono essere state realizzate con scopo elusivo, sicché il loro computo nel coacervo risulterebbe privo di ogni giustificazione.
Pertanto, non devono essere conteggiate nel coacervo le donazioni “fiscalmente irrilevanti”, sia quelle esenti, che quelle realizzate quando l’imposta era stata soppressa.
Valutazione d’azienda e degli Intangibles
RIVALUTAZIONE DEI BENI DI IMPRESA – DECRETO AGOSTO 2020
L’art. 110 del D.L. 14 agosto 2020 n. 104 (cosiddetto “Decreto Agosto”) convertito in Legge con L. 13 ottobre 2020 n. 126 ha reintrodotto la possibilità per le imprese di rivalutare con effetti soltanto civili o anche fiscali, e con iscrizione dei maggiori valori nei bilanci di esercizio 2020, le immobilizzazioni materiali, immateriali e le partecipazioni di controllo e collegamento.
Inoltre, più recentemente il Decreto “Sostegni” (DL n. 41/2021 art. 1-bis) ha esteso l’operatività della rivalutazione – ai soli fini civilistici – dei beni di impresa, di fatto prorogandone i termini di effettuazione: la rivalutazione potrà essere effettuata anche nel bilancio chiuso al 31.12.2021, per i beni non rivalutati nel bilancio precedente.
Rispetto alle precedenti leggi in materia, due sono le principali novità che rendono l’attuale rivalutazione particolarmente appetibile: la possibilità di operarla ai soli fini civilistici o anche con valenza fiscale (mediante assolvimento di un’imposta sostitutiva del 3%) e quella di effettuare la rivalutazione per singolo bene e non necessariamente con riferimento all’intera “categoria omogenea” ex DM 162/2001. Detti vantaggi, unitamente all’esigenza di patrimonializzazione delle società generatasi a causa degli effetti della crisi pandemica COVID-19, stanno determinando un diffuso ricorso alla rivalutazione in esame.
Si precisa che i valori che verranno iscritti in bilancio 2020 a seguito della rivalutazione non potranno in nessun caso superare i valori effettivamente attribuibili ai beni con riguardo alla loro consistenza, alla loro capacità produttiva, all’effettiva possibilità di utilizzazione economica dell’impresa, nonché ai valori correnti e alle quotazioni rilevate in mercati regolamentati italiani o esteri.
L’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 14/2017 affermava che la rivalutazione “non potrà mai portare il costo rivalutato del bene ad un valore superiore a quello di sostituzione” inteso come “costo di acquisto di un bene nuovo della medesima tipologia, oppure il valore attuale del bene incrementato dei costi di ripristino della sua originaria funzionalità”.
Il documento interpretativo OIC n. 7 precisa che “ai fini dell’individuazione del valore costituente il limite massimo alla rivalutazione, si può utilizzare sia il criterio del valore d’uso, sia il criterio del valore di mercato”.
Aspetto da evidenziare è che le società che hanno deciso di avvalersi della facoltà di rivalutare i propri beni devono fornire adeguata informativa in Nota integrativa al bilancio 2020. Nella Relazione sulla gestione si deve inoltre attestare la congruità dei valori utilizzati ai fini della rivalutazione, ai sensi dell’articolo 11, comma 3, Legge n. 342/2000; nonché l’effetto della rivalutazione medesima sugli indicatori di risultato.
Il Collegio Sindacale o Revisore infine deve riportare nella relazione allegata al bilancio i criteri seguiti dagli Amministratori nella rivalutazione; nonché attestare che la rivalutazione stessa non eccede i limiti della Legge di riferimento. I sindaci, in particolare, dovranno verificare che il valore del bene rivalutato non superi il suo valore recuperabile, ossia il maggiore tra valore realizzabile sul mercato (criterio esterno) e valore d’uso (criterio interno).
Imprescindibile, per taluni beni immateriali di Intellectual Property (IP) dotarsi di apposita perizia di stima del valore dei beni in oggetto, redatta da un valutatore esperto nonché totalmente indipendente dalla società proprietaria dei beni.